Una società senza futuro
Corso di formazione alla Mondialità e Missionarietà
3 marzo 2012
Una società senza futuro.
Istruzioni per uscire da un presente senza sogni
Daniele Barbieri
Questo è solo un riassunto.
Daniele si presenta. Spiega che lui ha due piedi: il primo per camminare (o zoppicare) nel mondo reale e un altro per muoversi o saltellare nella fantascienza e nell'utopia. Ha deciso che oggi 3 marzo proporrà alle persone presenti di vedere dove può portare quel secondo piede. Se dopo 40-50 minuti chi è in sala si mostrerà scontenta/o, Daniele promette che indosserà i panni del giornalista e del formatore “serio”; se invece la maggior parte delle persone saranno incuriosite a lui piacerebbe continuare a ragionare su quanto la buona fantascienza può esser utile oggi, in una mondializzazione come questa… cioè senza desideri e senza progetti per il futuro (anzi per i molti futuri sempre possibili se noi iniziamo a sognarli e poi a concretizzarli).
Daniele riassume la storia di un ragazzo che si nasconde. Dirà alla fine che il racconto si intitola «Le pre-persone».
Un altro racconto – sintetizzato al massimo – su una giovane donna che attende il ritorno del marito (violento e arrogante).
L'autore è lo stesso, dice Daniele: si chiama Philip Dick. Il secondo racconto si intitola «Umano è».
In questa prima parte – puntualizza Daniele – solo racconti o sintesi di romanzi.
Daniele legge la sintesi d'un lungo racconto di James Ballard, che si intitola “Febbre di guerra”.
Siamo in un futuro vicinissimo, quasi un presente. A Beirut parlano solo le armi, di tutti contro tutti. C’è chi sogna un “cessate il fuoco”. Anzi sembra che molti lo vogliano. Se il mondo è in pace, perché solo a Beirut si spara? Ma finalmente ecco il “cessate in fuoco”. Qualcuno però rompe la tregua. Al protagonista del racconto, Ryan, tocca scoprire la verità.
La verità è che sono le Nazioni Unite a rompere la tregua.
Perché? Lo spiega il dottor Edwards delle Nazioni Unite. «Ti dirò tutto Ryan. Hai sentito parlare d’una terribile malattia chiamata vaiolo? Cinquant’anni fa l’Organizzazione mondiale della sanità lanciò una grande campagna per eliminare il vaiolo. Alla fine lo fecero scomparire dalla Terra. Ma il virus del vaiolo muta costantemente. E noi dobbiamo aggiornare i nostri vaccini. Così l’Organizzazione mondiale della sanità ebbe cura di non eliminare del tutto la malattia. Ha permesso deliberatamente che il vaiolo attecchisse in un remoto angolo del terzo mondo, in modo da tenere d’occhio l’evolversi della malattia. Qui a Beirut si sta facendo lo stesso: si studia il virus della guerra. Sino in fondo».
Un'altra storia. Questa è famosa – chiarisce Daniele – forse qualcuna/o la conosce. Solo una paginetta, scritta tanti anni fa, ve la leggo tutta.
«Era bagnato fradicio e coperto di fango, aveva fame e freddo ed era lontano cinquantamila anni-luce da casa. Un sole straniero gettava una gelida luce azzurra e la gravità, doppia di quella cui era abituato, faceva d’ogni movimento un’agonia di fatica. Dopo decine di migliaia d’anni, quell’angolo di guerra non era cambiato. Era comodo per quelli dell’aviazione, con le loro astronavi tirate a lucido e le loro super-armi… ma quando si arrivava al dunque toccava ancora al soldato di terra, alla fanteria, prendere la posizione e tenerla con il sangue, palmo a palmo. Come questo maledetto pianeta di una stella mai sentita nominare, finché non ci eravamo sbarcati! E adesso era suolo sacro perché c’era arrivato anche il nemico. Il nemico, l’unica altra razza intelligente della Galassia… crudeli, schifosi, ripugnanti mostri. Il primo contatto era avvenuto vicino al centro della Galassia, dopo la lenta e difficile colonizzazione di qualche migliaio di pianeti; ed era stata, subito, la guerra: quelli avevano cominciato a sparare senza neppure tentare un accordo, una soluzione pacifica. E adesso, pianeta per pianeta, bisognava combattere, coi denti e con le unghie. Era bagnato fradicio e coperto di fango, aveva fame e freddo e il giorno era livido e spazzato da un vento violento che gli faceva male agli occhi. Ma i nemici tentavano d’infiltrarsi e ogni posizione era vitale. Stava all’erta, il fucile pronto. Era lontano cinquantamila anni-luce dalla patria, a combattere su un mondo straniero e a chiedersi se ce l’avrebbe mai fatta a riportare a casa la pelle. Allora vide uno di loro strisciare verso di lui. Prese la mira e fece fuoco. Il nemico emise quel verso strano, agghiacciante che tutti loro facevano, poi non si mosse più.Il verso e la vista del cadavere lo fecero rabbrividire».
Daniele precisa che il racconto non è finito, mancano tre righe e che chi non lo conosce sarà sorpreso… Offre una quindicina di quindicina di secondi per pensare a come potrebbe finire… Ecco il finale.
«Molti con il passare del tempo, s’erano abituati, non ci facevano più caso ma lui no. Erano creature troppo schifose, con solo due braccia e due gambe, con quella pelle d’un bianco nauseante e senza squame».
Per Fredric Brown, l'autore di questo famoso racconto che si intitola «Sentinella», il nemico siamo noi. Nello sguardo degli altri. Davvero siamo noi siamo l’unica altra razza intelligente della Galassia… crudeli, schifosi, ripugnanti mostri, quelli che cominciano a sparare senza neppure tentare un accordo, una soluzione pacifica. Vi riconoscete? O riconoscete qualcuno?
Facciamo un piccolo passo, neanche cinquantamila anni luce, e spostiamoci proprio sulla Terra, il pianeta degli schifosi, ripugnanti mostri.
Frederik Pohl, negli stessi anno di «Sentinella» scrisse un romanzo («I mercanti dello spazio») del quale vi racconto una piccola scena, quasi all'inizio.
Devo dirvi chi è Mitch, il protagonista: è un pubblicitario di prima classe, dirigente in una grande multinazionale con base negli Usa. Siamo in un sovraffollato futuro dove l'acqua è un lusso anche nei Paesi ricchi. Si dorme per strada o, se si è fortunati, si affitta qualche gradino in una scala per stare al coperto. Mitch non ha di questi problemi. Così quando vola a Washington non è per mettersi in fila. Daniele legge un brano del romanzo.
Aggiungo che si sta discutendo in quel mondo di consentire che le pubblicità siano proiettate sui palazzi… e anche sul volante o sul cofano delle macchine in movimento. Qualcuno obietta che potrebbe essere pericoloso ma gli viene risposto che così si ostacola la libertà d'impresa. E il provvedimento passa.
Se avete fatto caso sinora ho fatto solo nomi maschili. E' il momento di parlare dell'altra metà del cielo, anzi – visto il nostro tema – dell'altra metà delle galassie o della metà dei nostri futuri, insomma di donne.
Oggi è un'arzilla vecchietta, forse un po' pacificata, ma negli anni '70 la giovane Ursula le Guin scrisse romanzi e racconti sconvolgenti. Uno di questi si intitola «La mano sinistra delle tenebre» (frase di un certo Shakespeare che, se dobbiamo credere a Hollywood, forse è un grande bluff).
Ricordate «La sentinella»? Anche qui c'è una razza, quella umana però, che colonizza migliaia di pianeti senza incontrare nessuno degno di nota finché….
Daniele riassume un passaggio-chiave del romanzo (anche in questo caso, come un paio di altre volte, sono brani o commenti del libro «Di futuri ce n'è tanti», che scrisse nel 2006 con Riccardo Mancini).
Daniele propone di mettere un pizzico di fantascienza italiana in questo discorso ma siccome il tempo è corso veloce non racconta – come si riprometteva – un paio di vicende scritte da Valerio Evangelisti (augurandosi che molte/i già lo conoscano).
Invece ecco la sintesi di un racconto intitolato «In fronte scritto» di un celebre scrittore italiano. Vi dirò dopo di chi si tratta.
Enrico alle 9 del mattino va a un colloquio di lavoro. E' in sala d'attesa. Alla fine parla con un funzionario. In fronte questo tipo ha scritto «Ferie in Savoia». Ed è proprio per quel… diciamo lavoro che Enrico è lì. Ha «un viso aperto, positivo, non brutto» gli dice il funzionario. Per vendere o affittare quella fronte la ditta offre una cifra molto alta. Enrico accetta. Non vi dirò come si sviluppa il racconto né il gran colpo di scena finale.
Possiamo se volete prendere la prima pagina di «La repubblica» dell'8 febbraio dove Marino Niola commenta la notizia che chi si fa marchiare a vita (con il tatuaggio di un certo brand) avrà sconti del 20 per cento. Dunque qualcosa di questa vicenda – che era fantascientifica 50 anni fa – oggi si concretizza. Ma non è l'unico motivo stimolante. Ancora più interessante sapere chi è questo grande scrittore italiano che ha pubblicato, da Einaudi, due importanti antologie di fantascienza…. Si tratta di Damiano Malabaila, un nome che pochi oggi ricordano.
Era in realtà Primo Levi: sulla scelta di uno pseudonimo – che Levi non voleva – pesarono, per quel che sappiamo, due considerazioni: l'autore “dei lager” non poteva essere anche uno scrittore di testi fantastici; la seconda ragione era un pregiudizio tutto italiano (perfino in un ambiente d'èlite come l'Einaudi) contro la fantascienza. In ogni caso oggi quei due libri («Storie naturali» e «Vizio di forma» sono pubblicate con il nome di Primo Levi)
Daniele chiede al pubblico: quanti parchimetri ci sono a Firenze?
E ovviamente nessuno lo sa con esattezza, migliaia comunque risponde qualcuno.
E quanti alienometri ci sono a Firenze?
Non sapete cosa sono?
Nel mondo dove io cammino (di solito il martedì) con quel secondo piede gli alienometri ci sono già.
Ve li presento.
L'alienometro è elegante, di poco ingombro, può venire collocato ovunque. O-vun-que. anche per strada…
Daniele ne disegna uno sulla lavagna e spiega che sopra l’interruttore c'è una scala graduata da zero a dieci. Quando voi passate lì vicino il numero su cui si arresta la lancetta corrisponde al vostro indice mentale. Il numero zero corrisponde al perfetto equilibrio. Ogni valore sopra lo zero deve essere considerato come deviazione dalla normalità. Tuttavia, da zero a tre non c’è alcun pericolo. Da quattro a sette, invece, significa che le persone devono ricorrere alla loro terapia preferita. Una persona il cui indice superi il 7 è da considerarsi potenzialmente pericolosa. Per legge è obbligata a denunciare il proprio numero e riportarlo al più presto sotto il sette. Se la terapia non funzionasse questa persona deve ricorrere all’alterazione chirurgica o può sottoporsi alla terapia dell’Accademia.
In questo racconto di Robert Sheckley (intitolato «L'accademia») si incontra subito Bill. E' nervoso. Sua moglie se n’è andata. Ha detto che non tornerà. Bill ha anche problemi sul lavoro. Capirete che è moooooooolto nervoso. Perciò, decide di consultare il suo alienometro personale. Aspetta di farlo che il suo robot-servitore abbia finito di spazzare e lavare. Anche se è soltanto una macchina, a lui non piace che il robot lo guardi, specie quando consulta l’alienometro. Eccetera. Il valore indicato è alto… Non vi dirò altro.
Eccovi un altro congegno ancora più piccolo, un piercing o un puntino rosso come quello di alcune donne indiane…. Daniele riassume il romanzo «La lampada del sesso» di Brian Aldiss.
Siccome i 40 minuti previsti sono passati Daniele spiega che non ha tempo per raccontare altre storie (ne aveva previste altre due: di Theodore Sturgeon e di Robert Sawyer) e che dunque si ferma qui; dopo il breve intervallo – per tabagisti? – si deciderà insieme come continuare.
Dopo la pausa, le persone presenti mostrano di gradire questo taglio sulla fantascienza (un paio di persone precisano che «questo futuro non è poi tanto lontano dall'oggi»).
Visto che nessuno però chiede qualcosa… magari vi faccio io una domanda – dice Daniele.
Cos'hanno in comune i due racconti iniziali? Oltre a essere fantascienza e, pur così diversi fra loro, ad essere di uno stesso autore…. Al centro di entrambe le storie c'è una definizione di «essere umano». Due definizioni molto diverse. Quella in «Le pre-persone» è molto chiara e provocatoria. Sentite come lo stesso Dick ha commentato invece «Umano è», l'altro racconto: «Per me questa storia simboleggia ciò che un essere umano è. Non si tratta di avere un certo aspetto o di provenire da un certo pianeta ma di vedere sino a che punto si è gentili. La gentilezza ci differenzia dai sassi, dai pezzi di legno, dal metallo e così sarà sempre, qualsiasi forma assumiamo, dovunque andiamo, qualunque cosa diventiamo. “Umano è” è il mio credo e mi auguro che possa essere il vostro». Ed era così importante per Dick… che ne ha riparlato anche altrove, per esempio nel romanzo «I nostri amici di Frolix 8». Così: «La misura dell’uomo non è la sua intelligenza. Non consiste nell’altezza che può raggiungere in un sistema sbagliato. La misura dell’uomo è questa: con quale rapidità sa reagire ai bisogni di un’altra persona? E quanto può dare di sé?».
Siccome non partono domande, Daniele continua a parlare per un po'…
Accenna alle reazioni che questi racconti hanno suscitato in alcune scuole dove ha fatto laboratori…
Poi sottolinea che usiamo la parola alieno nel senso di sconosciuto, diverso. La migliore fantascienza racconta di alieni razziali, sessuali, sociali, mentali, religiosi, politici.
Un veloce accenno anche al «presente immobile» senza progetti per il futuro e senza radici in un passato "aperto") del quale parlano oggi in molti; «il presente si è mangiato il futuro» ha sintetizzato Aldo Bonomi…
Una questione importante è la continua riscrittura del passato per adattarlo al presente (Daniele ricorda alcuni punti cruciali del «1984» di Orwell che in parte si sono realizzati)
Un accenno anche a Paul Watzlawick… «Fra tutte le illusioni, la più pericolosa è credere che esista una sola realtà».
Altro rapido riferimento al nostro atteggiamento rispetto al nuovo e allo sconosciuto (allo “straniero” e al “non comprensibile” come si dirà poi nella discussione)…. Paura e desiderio sono da sempre i poli intorno ai quali noi esseri umani oscilliamo. Perché prevale l’una o l’altro? Dipende da culture e momenti storici, dalle esperienze personali, dalle scelte, dal carattere ma anche dall’immaginario individuale e collettivo. Dipende se qualcuno o qualcosa ci minaccia o se noi crediamo che lo stia facendo. Se i media ci dicono che gli immigrati sono pericolosi, se il governo vara una legge nel quale «la definizione di umanità» (per tornare a Dick) è che alcuni bambini nascono clandestini e dunque negli ospedali non devono essere curati.
Daniele accenna al tecno-vudù (tecnologia ovunque ma noi ne ignoriamo le regole) nel quale siamo immersi…
E ancora accenna che quel James Ballard, prima citato, ha fatto questa notazione: in passato il mondo esterno era per noi la realtà mentre quello interno era il regno della fantasia, dell’ immaginazione; ma oggi – scrive Ballard – i ruoli si sono invertiti: il reale diventa show… soprattutto tv: Guerra del Golfo come videogames, marines che in Somalia ripetono lo sbarco perché le telecamere non erano ancora pronte a riprendere… Il reale diventa show mentre l’immaginario – ciò che è interno a noi stessi – sempre più occupa il posto della realtà. Ballard ci sfida a capire che ormai sogni e incubi ci sembrano veri mentre la realtà sembra fiction.
A questo punto (quando ormai Daniele disperava che la discussione partisse?) si scatenano interventi a tutto campo, fra presente e futuro.
Una discussione bellissima e confusa (bellissima anche perché confusa o confusa anche perché bellissima?) della quale Daniele ringrazia molto tutte/i: chi ha raccontato; chi ha proposto; chi ha sognato; chi ha fatto «l'avvocato del diavolo»; chi era d'accordo con lui e naturalmente chi non lo era…
Nei circa 15-20 minuti finali Daniele prova a rispondere. Alcune questioni (come poi dirà anche Maria Chiara) torneranno negli incontri successivi e altre non hanno per ora una risposta abbastanza chiara e condivisa.
Siamo in cammino commenta Daniele (citando prima una celebte frase di Italo Calvino da «Le città invisibili» e poi Eduardo Galeano sull'utopia). E saluta con un altro racconto di Philip Dick (si intitola «L'ultimo test»)… Il suggerimento contenuto nella vicenda di Bob è che a volte disobbedire è necessario, è giusto; ricorda il famoso libretto – «L'obbedienza oggi non è più una virtù» – scritto da don Lorenzo Milani che poco prima è stato citato. I due piedi forse possono marciare insieme. Per andare dove… è importante deciderlo insieme anziché in solitudine.