Dall’Argentina la lettera di Natale di Anna Maria Boscaini
Carissimi,
a distanza di soli due giorni dal mio rientro temporaneo a Firenze, volo con il pensiero già sul suolo italiano.
Le valigie, stipatissime di libri, di indumenti vari e di “qualche pensierino”già sono chiuse; al contrario il cuore trabocca di mille emozioni… di tanti ricordi.
Mi sembra ieri di aver messo i piedi su questa terra, su questa “fin del mondo”, per molta parte “europea.
Invece già sono trascorsi due anni: due anni intensi non solo di impegni, ma soprattutto di un fittirsi di relazioni, di un frequente e quotidiano contatto umano, dove era spontaneo non tener conto del tempo.
Mai si trattava di curiosità, nè voglia di chiacchiericcio, ma sano gusto di dialogare, voglia di comunicare con l’altro e intrattenersi più a lungo con lui.
Quando poi la persona incrociata si rendeva conto di trovarsi di fronte ad una italiana, allora il volto si illuminava, il cuore si apriva, con l’orgoglio di essere anche lui o lei “italiano”.
Infatti, immediatamente venivo come sommersa da spezzoni di memorie, di ricordi, di immagini e di frasi, magari nel dialetto piemontese o calabrese, sentite ripetere dal padre o dal nonno che, appena ventenne, arrivava in una terra straniera, lontana, da solo, con una sola valigia di cartone, ma con la voglia di un futuro migliore di quello che avrebbe potuto offrigli l’Italia di quel tempo,
E questa è la storia di molti, l’odissea accompagnata da tante incognite e superata solo dalla prospettiva di un lavoro garantito e di una economia più sicura.
Fu quasi un nuovo “esodo biblico”che toccò quasi tutta l’Italia, interessando in particolare alcune regioni del Nord e altre del Sud.
Uno spostamento di “popolo”, tra la prima grande emigrazione ( fine sec XIX e Anni Trenta del XX) e l’emigrazione europea iniziata con gli Anni Cinquanta: infatti, sono state registrate più di 10 milioni di partenze dall’Italia tra il 1860 e il 1985, popolazione pari a quella presente al formarsi del Regno d’Italia.
Tutto questo è facilmente visibile nelle numerose città della provincia di Buenos Aires, dove quasi il 99% dei cognomi è di origine italiana.
Ma con i ricordi, quando raccontano, si sente riaffiorare un bisogno di sapere, di conoscere…una voglia nascosta, ma non meno palese, di poter prima o poi soddisfarla con un viaggio in Italia.
Questo forte esigenza di recuperare le proprie radici era manifesta e ed è tuttora molto viva nel bisogno quasi viscerale di ascoltare o di imparare l’italiano, anche se forse mai lo potranno parlare.
Così mi sono ritrovata, fra le varie attività, e senza averlo previsto, a indossare, ancora una volta, i panni dell’insegnante, ma con modalità completamente diverse.
Come dunque non ricordare la “Casa del nino” dove, soprattutto lo scorso anno fu più intenso il mio lavoro con i bambini e ragazzi qui accolti dal mattino alla sera?
Ogni parola italiana diventava occasione di gioco, talvolta anche di burla.
Così, per attivare di più l’interesse di ragazzi, spesso provati da violenze familiari o da altre forme di disagio, quindi non certamente aperti ad un apprendimento “quasi scolare”, mi sono ritrovata a insegnare italiano attraverso il disegno, le canzoni dello “Zecchino d’oro”, balli e giochi di squadra.
Mi viene spontaneo andare con la memoria ai miei primi anni di insegnamento a Milano, giovane maestra di 32 bambini di seconda elementare, per molti aspetti diversi da questi del Centro: difficile, quasi impossibile fare un paragone tra le due realtà.
Infatti, mentre là trovare le motivazioni giuste per impegnarsi era normale, avendo alle spalle una famiglia solida e con forti spinte di ascesa sociale, già più o meno manifesta nel bambino – figlio, qui alla “Casa del Nino” diventava problematica qualsiasi forma di attività.
Mi trovavo, infatti, spesso occupata e preoccupata a gestire situazioni che, con facilità potevano sfociare da una semplice e ingenua espressione verbale a una possibile forma di violenza tra di loro, la stessa che vivevano i famiglia.
Capiì allora che questi bambini, anche se reticenti, avevano bisogno di altro: essere ascoltati e rispettati e sentire che io li amavo, nonostante tutto: dimostrare che essi non erano “quello” che spesso “facevano”: non volevano litigare con i compagni, ma litigavano con se stessi e quella violenza era per loro l’unica forma espressiva, appresa in famiglia.
Dimenticai così di fare l’insegnante, di esigere la loro attenzione, ma appresi ad applicare quanto mi sembrava già di conoscere: prestare io più attenzione a loro e ascoltare i loro bisogni autentici. Questa mia scelta mi fece “vincente”.
E da lì fu tutta una strada in discesa…..quanti volti rivedo ora, quanti sorrisi …quanta capacità di essere l’uno per l’altro, quando meglio con se stessi: proprio questi bambini mi hanno regalato non solo l’amicizia, ma una lezione di umanità, che nessun libro ti può insegnare.
Oggi vi voglio dire grazie, Maria, Dayana, Lucas, Nahuel, Agostina, Brenda, Sergio, Selene…… perché ci siete, perché siete entrati nel mio cuore e lo avete riempito di tanti occhi che brillano, di tanto amore.
Non voglio fare un bilancio della mia attività: sarei subito “perdente”, rispetto a quanto, senza falsa retorica, ho ricevuto in amicizia, in incontri casuali per la strada, in disponibilità per qualsiasi tipo di aiuto, in inviti a cena per festeggiare qualche compleanno, considerato davvero una grande festa…Restava solo l’imbarazzo della scelta, e difficile diventava rifiutare, tanto le persone erano e sono capaci di persuaderti…
Ampio fu il ventaglio di opportunità offertemi: oltre al mio stare con i ragazzi, all’insegnamento dell’italiano a gruppi di adulti, vissuto sempre come una vera boccata di ossigeno sia dalla sottoscritta che dai partecipanti, come alla docenza di Sacra scrittura al CE.FI.TE:Q o ai corsi formativi in Seminario.
Questo mi resta e porto con me : ogni esperienza vissuta ha sempre avuto il sapore e la gioia dell’incontro gratuito…. .
Di tutto questo davvero ringrazio il Signore, la Chiesa di Firenze che mi ha accompagnato e che sono certa ancora mi accompagnerà …affinchè la speranza che ho visto crescere su tanti volti, attivi energie tali da portare ad un vero cambiamento.
Platanos, 19 dicembre 2013